Chiedo nuovamente venia, se torno su questo spazio a farmi sentire, ma in questi giorni, per vie traverse mi sono trovato spesso a rivangare i miei percorsi politici.
Qualche tempo fa, parlandovi di un libro di Eco, avevo posto il tema sull'odierno dibattito politico, così aspro, permeato di acredine, dove la delegittimazione dell'avversario politico, che diventa nemico da uccidere, e la demolizione dell'altrui operato, diventa fine ultimo, anziché la risoluzione dei problemi e l'elaborazione di percorsi condivisi di progresso. E poi vi è l'esagerazione delle questioni l'esacerbazione delle questioni, azioni utili a nascondere le proprie inconcludenze. Paradigma di tutto ciò è la campagna referendaria sul referendum costituzionale, dove si fronteggiano l'un contro l'altro armati due schieramenti, uno invero più variopinto e brancaleonesco dell'altro, tutti e due intenti alla delegittimazione reciproca, ma sopratutto alla cancellazione politica dell'altro. Di fatto il contenuto referendario passa in secondo piano. E' vero che il Presidente del Consiglio è stato il primo a dare un senso di ordalia alla consultazione, e che come strategia pare non concepisca il concetto "a nemico che fugge ponti d'oro", ma preferisca mettere i suoi avversari in un angolo costringendoli gioco forza a veementi reazioni, ma è altresì vero che i suoi avversari non hanno altro obbiettivo che la sua eliminazione e non già la predisposizione di una proposta alternativa, che in realtà non hanno e in molti casi hanno già dimostrato negli anni precedenti di non essere in grado di concretizzarne una. In ogni caso, è principale responsabilità del Governo (e sarebbe anche suo primario interesse) ricondurre la discussione in canoni di concretezza e civiltà, ammesso ci riesca e sopratutto voglia.
Il dibattito ha giunto toni anche odiosi, con ovviamente la paventazione della svolta autoritaria da un lato e il declino totale dall'altra. Ed ha mio avviso conclamato, che comunque vada, il PD non può più essere un punto di riferimento, non avendo un'idea di paese e sopratutto un progetto condiviso. Mi è spiaciuto constatare anche il livello d'imbarbarimento si è diffuso anche nei dialoghi di ciò che resta nella multiforme comunità socialista, dove si accusa di collaborazionismo col renzismo, vassallaggio, accattonaggio chi vota sì e ovviamente si pratica l'odiosa pratica di dispensare patenti di socialismo. Il punto più estremo l'ho visto quando simili accuse sono state rivolte al buon Umberto Veronesi, che sostiene il sì. E' venuta meno in quella comunità, anche il rispetto per figure che indubbiamente hanno dato un contributo positivo a questo paese e oggi davvero non hanno bisogno di mendicare nulla, per cui se assumuno una posizione penso che lo facciano proprio per convinzione. Questo evento mi ha fatto tornare alla memoria le parole di 3 vecchi compagni di militanza socialista, uno oggi non c'è più, che imputavano la fine del PSI non già, o non solo, al destino cinico e baro e all'azione "giudiziario-comunista-finanziaria", ma maggiormente al comportamento della comunità socialista, che non seppe, o non volle, fare quadrato attorno al proprio leader, ai dirigenti che fuggirono come naufraghi aggrappandosi alla prima scialuppa utile, ai socialisti in genere che non seppero trovare motivazioni per rimanere uniti, prestando il fianco agli eventi disgregatori. E questo minò per sempre tutti i tentativi nei vent'anni post '92 di "rifare" il PSI, obbiettivo che rimase (e resta) sempre velleitario e antistorico. Io ci ho messo 12 anni, e molte delusioni, per arrivarci. E le discussioni d'oggi me lo confermano.
Dunque, scusate la digressione, abbiamo una riforma costituzionale che va valutata. V'invito a farlo e mi permetto di segnalarvi alcuni dei testi che ho usato io per documentarmi sia sul Sì che sul No. Oltre che andate a visitare i siti dei comitati per il sì e per il no. I testi che vi ho messo in link sono un po' in "costituzionalese", devo dire che ho imparato che nel fare il "costituzionalista" c'è un livello d'opinabilità quasi sconfortante. Consiglio anche l'ultimo testo del professor Ceccanti, fervente sostenitore della riforma. Poi, quando dovrete tirare le somme, cercate di eliminare i pregiudizi, non pensando a chi è da una parte o dall'altra, ma leggendo laicamente il testo.
Qualche tempo fa, parlandovi di un libro di Eco, avevo posto il tema sull'odierno dibattito politico, così aspro, permeato di acredine, dove la delegittimazione dell'avversario politico, che diventa nemico da uccidere, e la demolizione dell'altrui operato, diventa fine ultimo, anziché la risoluzione dei problemi e l'elaborazione di percorsi condivisi di progresso. E poi vi è l'esagerazione delle questioni l'esacerbazione delle questioni, azioni utili a nascondere le proprie inconcludenze. Paradigma di tutto ciò è la campagna referendaria sul referendum costituzionale, dove si fronteggiano l'un contro l'altro armati due schieramenti, uno invero più variopinto e brancaleonesco dell'altro, tutti e due intenti alla delegittimazione reciproca, ma sopratutto alla cancellazione politica dell'altro. Di fatto il contenuto referendario passa in secondo piano. E' vero che il Presidente del Consiglio è stato il primo a dare un senso di ordalia alla consultazione, e che come strategia pare non concepisca il concetto "a nemico che fugge ponti d'oro", ma preferisca mettere i suoi avversari in un angolo costringendoli gioco forza a veementi reazioni, ma è altresì vero che i suoi avversari non hanno altro obbiettivo che la sua eliminazione e non già la predisposizione di una proposta alternativa, che in realtà non hanno e in molti casi hanno già dimostrato negli anni precedenti di non essere in grado di concretizzarne una. In ogni caso, è principale responsabilità del Governo (e sarebbe anche suo primario interesse) ricondurre la discussione in canoni di concretezza e civiltà, ammesso ci riesca e sopratutto voglia.
Il dibattito ha giunto toni anche odiosi, con ovviamente la paventazione della svolta autoritaria da un lato e il declino totale dall'altra. Ed ha mio avviso conclamato, che comunque vada, il PD non può più essere un punto di riferimento, non avendo un'idea di paese e sopratutto un progetto condiviso. Mi è spiaciuto constatare anche il livello d'imbarbarimento si è diffuso anche nei dialoghi di ciò che resta nella multiforme comunità socialista, dove si accusa di collaborazionismo col renzismo, vassallaggio, accattonaggio chi vota sì e ovviamente si pratica l'odiosa pratica di dispensare patenti di socialismo. Il punto più estremo l'ho visto quando simili accuse sono state rivolte al buon Umberto Veronesi, che sostiene il sì. E' venuta meno in quella comunità, anche il rispetto per figure che indubbiamente hanno dato un contributo positivo a questo paese e oggi davvero non hanno bisogno di mendicare nulla, per cui se assumuno una posizione penso che lo facciano proprio per convinzione. Questo evento mi ha fatto tornare alla memoria le parole di 3 vecchi compagni di militanza socialista, uno oggi non c'è più, che imputavano la fine del PSI non già, o non solo, al destino cinico e baro e all'azione "giudiziario-comunista-finanziaria", ma maggiormente al comportamento della comunità socialista, che non seppe, o non volle, fare quadrato attorno al proprio leader, ai dirigenti che fuggirono come naufraghi aggrappandosi alla prima scialuppa utile, ai socialisti in genere che non seppero trovare motivazioni per rimanere uniti, prestando il fianco agli eventi disgregatori. E questo minò per sempre tutti i tentativi nei vent'anni post '92 di "rifare" il PSI, obbiettivo che rimase (e resta) sempre velleitario e antistorico. Io ci ho messo 12 anni, e molte delusioni, per arrivarci. E le discussioni d'oggi me lo confermano.
Dunque, scusate la digressione, abbiamo una riforma costituzionale che va valutata. V'invito a farlo e mi permetto di segnalarvi alcuni dei testi che ho usato io per documentarmi sia sul Sì che sul No. Oltre che andate a visitare i siti dei comitati per il sì e per il no. I testi che vi ho messo in link sono un po' in "costituzionalese", devo dire che ho imparato che nel fare il "costituzionalista" c'è un livello d'opinabilità quasi sconfortante. Consiglio anche l'ultimo testo del professor Ceccanti, fervente sostenitore della riforma. Poi, quando dovrete tirare le somme, cercate di eliminare i pregiudizi, non pensando a chi è da una parte o dall'altra, ma leggendo laicamente il testo.
Tiro le somme su quello che ho capito io. Si badi, non voglio convincere nessuno, ma semplicemente esprimere un pensiero.
Sarebbe stato meglio se la si fosse fatta un'Assemblea Costituente per riformare la Costituzione? Indubbiamente SI' e io vorrei essere magro, ma si fanno le cose come si può e con le condizioni che ci sono e l'Assemblea Costituente la fai solo se la stragrande maggioranza della forze parlamentari d'accordo nel farla. Oggi non è così. Ieri nemmeno, domani neppure. Dubito dopodomani.
La riforma introduce semipresidenzialismi o premierati forti? NO, e per me questo è un peccato, ma si continua a eleggere un parlamento, quindi rimangono salde le regole di oggi. Questo però, rende evidente come l'Italicum sia un po' slegato dalla riforma. Il doppio turno che imita l'elezione del sindaco non ci sta, se non eleggi il capo del governo, rischia solo di fare confusione, altro che governabilità. Circa le preferenze poi, se è vero che tendezialmente mi piace l'idea di scegliere il proprio candidato, è da dire che difficilmente nel nostro paese si potranno sdradicare i fenomeni degenerativi che vi sono collegati. Una legge elettorale a collegi uninominali, con premio adeguato, con correttivi che evitino la frammentazione e magari con primarie di collegio istituzionalizzate, mi parrebbe il compromesso migliore.
La riforma pone un freno al regionalismo "all'italiana"? Beh direi di SI' e solo per questo varrebbe votarla. La pessima riforma del titolo V targata Ulivo (e di cui molti padri sono oggi nel NO) fa sì che ogni regione interpreti come gli pare la normativa in settori essenziali per la vita del paese, creando contenziosi con lo Stato e generando situazioni di disparità, oltre che sperperi evidenti, la riforma riporta allo stato molti ambiti e sopratutto pone cluasole di supremazia (e mette finalmente un tassello per avviare la fine delle regioni a statuto speciale). E' un elemento tutt'altro che secondario, inoltre, riducendo le competenze regionali, si ridurrano gli ambiti dove gli appettiti delle classi regionali si manifestano, dando origine a talune, fin troppo note, derive corruttive.
La riforma mette tempi chiari all'attività del legislatore? Beh SI', renderà più rapido il tempo per approvare una legge, riducendo l'estenuante assemblearismo tipico del nostro paese, dove i problemi si discutono, ma non si risolvono. Inoltre finirà la fiaba delle leggi di iniziativa popolare, che troveranno obbligo di discussione e i referendum? Beh sarà più facile diventino efficaci (finalmente anche propositivi), ma sarà necessario che siano con un maggior supporto popolare per essere indetti - cosa che per me è positiva, poiché dovrebbe finalmente frenare i referendum strumentali o a vanvera, vedi l'ultimo sulle concessioni per le prospezioni d'idrocarburi.
Ci sono elmenti perfettibili? Certo come in ogni cosa, ma approvare la riforma non impedirà di rimetterci mano, cosa che invece farà il NO. Votare No significa che ci vorranno altri 20 anni forse, per riprovare a riformare il paese, il fronte del No, non solo non ha progetti alternativi, ma ha già dimostrato la sua inconcludenza. Votare No, significa buttare questi ultimi 4 anni del paese e il tempo non è una risorsa rinnovabile. Non è una tragedia, significa solo voler continuare a sguazzare in questa palude in cui ci si dibatte da 20 anni.
Questo paese è fermo, mentalmente in primis. Dobbiamo fare qualcosa, qualsiasi cosa. Tutto è meglio che non fare. Altro che No.
Stavolta, con molto pragmatismo e banale senso pratico, io voto Sì.
Sarebbe stato meglio se la si fosse fatta un'Assemblea Costituente per riformare la Costituzione? Indubbiamente SI' e io vorrei essere magro, ma si fanno le cose come si può e con le condizioni che ci sono e l'Assemblea Costituente la fai solo se la stragrande maggioranza della forze parlamentari d'accordo nel farla. Oggi non è così. Ieri nemmeno, domani neppure. Dubito dopodomani.
La riforma introduce semipresidenzialismi o premierati forti? NO, e per me questo è un peccato, ma si continua a eleggere un parlamento, quindi rimangono salde le regole di oggi. Questo però, rende evidente come l'Italicum sia un po' slegato dalla riforma. Il doppio turno che imita l'elezione del sindaco non ci sta, se non eleggi il capo del governo, rischia solo di fare confusione, altro che governabilità. Circa le preferenze poi, se è vero che tendezialmente mi piace l'idea di scegliere il proprio candidato, è da dire che difficilmente nel nostro paese si potranno sdradicare i fenomeni degenerativi che vi sono collegati. Una legge elettorale a collegi uninominali, con premio adeguato, con correttivi che evitino la frammentazione e magari con primarie di collegio istituzionalizzate, mi parrebbe il compromesso migliore.
La riforma pone un freno al regionalismo "all'italiana"? Beh direi di SI' e solo per questo varrebbe votarla. La pessima riforma del titolo V targata Ulivo (e di cui molti padri sono oggi nel NO) fa sì che ogni regione interpreti come gli pare la normativa in settori essenziali per la vita del paese, creando contenziosi con lo Stato e generando situazioni di disparità, oltre che sperperi evidenti, la riforma riporta allo stato molti ambiti e sopratutto pone cluasole di supremazia (e mette finalmente un tassello per avviare la fine delle regioni a statuto speciale). E' un elemento tutt'altro che secondario, inoltre, riducendo le competenze regionali, si ridurrano gli ambiti dove gli appettiti delle classi regionali si manifestano, dando origine a talune, fin troppo note, derive corruttive.
La riforma mette tempi chiari all'attività del legislatore? Beh SI', renderà più rapido il tempo per approvare una legge, riducendo l'estenuante assemblearismo tipico del nostro paese, dove i problemi si discutono, ma non si risolvono. Inoltre finirà la fiaba delle leggi di iniziativa popolare, che troveranno obbligo di discussione e i referendum? Beh sarà più facile diventino efficaci (finalmente anche propositivi), ma sarà necessario che siano con un maggior supporto popolare per essere indetti - cosa che per me è positiva, poiché dovrebbe finalmente frenare i referendum strumentali o a vanvera, vedi l'ultimo sulle concessioni per le prospezioni d'idrocarburi.
Ci sono elmenti perfettibili? Certo come in ogni cosa, ma approvare la riforma non impedirà di rimetterci mano, cosa che invece farà il NO. Votare No significa che ci vorranno altri 20 anni forse, per riprovare a riformare il paese, il fronte del No, non solo non ha progetti alternativi, ma ha già dimostrato la sua inconcludenza. Votare No, significa buttare questi ultimi 4 anni del paese e il tempo non è una risorsa rinnovabile. Non è una tragedia, significa solo voler continuare a sguazzare in questa palude in cui ci si dibatte da 20 anni.
Questo paese è fermo, mentalmente in primis. Dobbiamo fare qualcosa, qualsiasi cosa. Tutto è meglio che non fare. Altro che No.
Stavolta, con molto pragmatismo e banale senso pratico, io voto Sì.