Riportiamo questo estratto dal Corriere del Veneto, con un bel saggio di Cesare De Michelis, anch'egli come noi sottolinea le responsabilità, le mancanze e le pochezze di questa nostra classe dirigente locale.
Martedì 2 Ottobre 2012
Corriere del Veneto
Corriere del Veneto
Dibattito sulla Città Metropolitana Schizofrenia del Governo locale
di CESARE DE MICHELIS
di CESARE DE MICHELIS
Pubblichiamo di seguito il saggio di Cesare De Michelis che appare sul numero di ottobre della rivista NordestEuropa, da oggi on line e in distribuzione nei prossimi giorni
Eravamo in vacanza quando il governo ha rivoluzionato l'amministrazione del territorio, da un lato riducendo d'un colpo a metà le provincie, dall'altro mettendo in moto nuove figure amministrative come la città metropolitana, che nella fattispecie veneta, anzi veneziana, si confonde con la disciolta provincia, quasi un gioco di prestigio.
In realtà il disegno del territorio, come si era configurato nella storia e poi riarticolato negli anni, ha da tempo bisogno di un complessivo ripensamento, che colga piuttosto le esigenze prossime e venture, invece di difendere tradizioni e sentimenti, certo nobili e antichi, ma ormai affatto inattuali.
Da un lato un localismo secolare arroccato all'interno di centri urbani non solo metaforicamente murati, ciascuno dei quali si immagina autosufficiente e «compiuto»; dall'altro il mondo globalizzato, l'Europa unita, l'Euro, le Regioni quasi semisecolari e una rete di istituzioni che dividono o uniscono le micro tessere di un sistema che non sa più riconoscersi.
Ebbene il dibattito che sulla questione si è aperto per un verso si allarga alla crisi e recupera quindi le parole d'ordine delle resurrezione, identiche ovunque: cultura, merito, coraggio; per l'altro si immiserisce nella rivendicazione di un'identità smarrita e offesa, che giustifica ripicche e meschinerie che si riducono a cambiamenti di provincia o ad affermazioni di primati del tutto privi di significato. Neppure un articolo della costituzione - il 114, che appunto prevede le città metropolitane -, per altro disatteso da più di un decennio, è sufficiente a cambiare la realtà delle cose, se non c'è volontà, impegno, progetto e persino il piacere della sfida, la forza del sogno.
Le città, anche quelle metropolitane, non sono il risultato di una decisione dall'alto senza la partecipazione dei cittadini, senza il riconoscimento delle ragioni per cui conviene mettersi insieme anziché restare divisi.
Invece le riunioni dei sindaci si riducono ad assemblee condominiali, dove ciascuno difende coi denti il suo piccolo privilegio, e ancora una volta sembra assente una classe dirigente all'altezza dei compiti che le toccano, e non tanto e non solo politica, ma imprenditoriale, culturale, sindacale.
Da anni, decenni, si parla di un'area metropolitana ben più vasta della provincia veneziana, che comprende Padova e Treviso almeno; la nascita della città metropolitana, al di là della lettera dei decreti governativi, non può che riguardare tutt'intera la PA-TRE-VE, come l'ha studiata anche l'Ocse recentemente, e il dibattito politico, amministrativo, culturale non può non coinvolgere tutte tre le città capoluogo, come dovrebbe vedere attiva e propositiva la Regione, cui nuove responsabilità proprio sull'organizzazione del suo territorio attribuisce la medesima rinnovata costituzione. Invece l'unica voce esterna che si è udita è la risentita ripicca di Verona, che aspira a un ruolo antagonista, altrimenti il silenzio è glaciale, funereo.
Possibile che scelte di questo peso si risolvano nel destino «provinciale» di Scorzè o di qualche altro comune di confine?
In queste stesse settimane l'Actv veneziana annuncia imperterrita che intende cambiare la sua tessera IMOB, destinata agli utenti dei trasporti pubblici locali, e non lo fa per unificare servizi e biglietti all'interno del territorio della città metropolitana, o addirittura all'area, ma per allargare i servizi - soprattutto turistici - nel medesimo territorio comunale, agendo cioè nella prospettiva affatto inversa al decreto in questione, senza che nessuno la fermi o protesti. La schizofrenia del governo locale, incredibilmente ancora «feudale» nel mondo globale, lascia senza parole e pure senza fiato.
Certo ci sarebbe molto da dire sul decreto, sulla sua articolazione meccanica, sulla rigidità dei confini proposti, sull'assenza a monte di qualsiasi riflessione specifica, ma per farlo vengono meno le forze di fronte al berciare locale non sul merito, ma sulle poltrone, su chi comanderà domani, sui vantaggi non della gente, del territorio, dell'economia, ma degli amministratori e dei burocrati, dei «signori» che comandano e vogliono solo continuare a farlo, come prima, più di prima.
In realtà il disegno del territorio, come si era configurato nella storia e poi riarticolato negli anni, ha da tempo bisogno di un complessivo ripensamento, che colga piuttosto le esigenze prossime e venture, invece di difendere tradizioni e sentimenti, certo nobili e antichi, ma ormai affatto inattuali.
Da un lato un localismo secolare arroccato all'interno di centri urbani non solo metaforicamente murati, ciascuno dei quali si immagina autosufficiente e «compiuto»; dall'altro il mondo globalizzato, l'Europa unita, l'Euro, le Regioni quasi semisecolari e una rete di istituzioni che dividono o uniscono le micro tessere di un sistema che non sa più riconoscersi.
Ebbene il dibattito che sulla questione si è aperto per un verso si allarga alla crisi e recupera quindi le parole d'ordine delle resurrezione, identiche ovunque: cultura, merito, coraggio; per l'altro si immiserisce nella rivendicazione di un'identità smarrita e offesa, che giustifica ripicche e meschinerie che si riducono a cambiamenti di provincia o ad affermazioni di primati del tutto privi di significato. Neppure un articolo della costituzione - il 114, che appunto prevede le città metropolitane -, per altro disatteso da più di un decennio, è sufficiente a cambiare la realtà delle cose, se non c'è volontà, impegno, progetto e persino il piacere della sfida, la forza del sogno.
Le città, anche quelle metropolitane, non sono il risultato di una decisione dall'alto senza la partecipazione dei cittadini, senza il riconoscimento delle ragioni per cui conviene mettersi insieme anziché restare divisi.
Invece le riunioni dei sindaci si riducono ad assemblee condominiali, dove ciascuno difende coi denti il suo piccolo privilegio, e ancora una volta sembra assente una classe dirigente all'altezza dei compiti che le toccano, e non tanto e non solo politica, ma imprenditoriale, culturale, sindacale.
Da anni, decenni, si parla di un'area metropolitana ben più vasta della provincia veneziana, che comprende Padova e Treviso almeno; la nascita della città metropolitana, al di là della lettera dei decreti governativi, non può che riguardare tutt'intera la PA-TRE-VE, come l'ha studiata anche l'Ocse recentemente, e il dibattito politico, amministrativo, culturale non può non coinvolgere tutte tre le città capoluogo, come dovrebbe vedere attiva e propositiva la Regione, cui nuove responsabilità proprio sull'organizzazione del suo territorio attribuisce la medesima rinnovata costituzione. Invece l'unica voce esterna che si è udita è la risentita ripicca di Verona, che aspira a un ruolo antagonista, altrimenti il silenzio è glaciale, funereo.
Possibile che scelte di questo peso si risolvano nel destino «provinciale» di Scorzè o di qualche altro comune di confine?
In queste stesse settimane l'Actv veneziana annuncia imperterrita che intende cambiare la sua tessera IMOB, destinata agli utenti dei trasporti pubblici locali, e non lo fa per unificare servizi e biglietti all'interno del territorio della città metropolitana, o addirittura all'area, ma per allargare i servizi - soprattutto turistici - nel medesimo territorio comunale, agendo cioè nella prospettiva affatto inversa al decreto in questione, senza che nessuno la fermi o protesti. La schizofrenia del governo locale, incredibilmente ancora «feudale» nel mondo globale, lascia senza parole e pure senza fiato.
Certo ci sarebbe molto da dire sul decreto, sulla sua articolazione meccanica, sulla rigidità dei confini proposti, sull'assenza a monte di qualsiasi riflessione specifica, ma per farlo vengono meno le forze di fronte al berciare locale non sul merito, ma sulle poltrone, su chi comanderà domani, sui vantaggi non della gente, del territorio, dell'economia, ma degli amministratori e dei burocrati, dei «signori» che comandano e vogliono solo continuare a farlo, come prima, più di prima.
Mentre De Michelis parla così la Regione invece mantiene sei province più una città metropolitana, perché i tempi sono troppo stretti. Ridicoli!
RispondiEliminaVENEZIA - La conferenza permanente della Regione e delle Autonomie locali, che si è riunita a Palazzo Balbi per discutere il riordino istituzionale previsto dalla spending review, ha deciso per il mantenimento delle sei Province alle quali si aggiunge la città metropolitana di Venezia. Erano presenti all'incontro: l'assessore regionale al bilancio e agli enti locali e presidente della conferenza, Roberto Ciambetti, i consiglieri regionali Cristiano Corazzari e Bruno Pigozzo, i componenti dell'unione province venete, Leonardo Muraro e Barbara Degani, i componenti di Anci Veneto Antonio Bertoncello, Achille Variati, Sabrina Rampin, Francesco Pietrobon e, infine, il rappresentante di Uncem Veneto, Ennio Vigne.
La proposta, che passerà prima in giunta e poi sarà inviata al consiglio regionale, ha visto il voto favorevole di quasi tutti i componenti del tavolo ad eccezione dei voti contrari di Achille Variati e di Mauro Pigozzo, mentre, Ennio Vigne non ha partecipato alla votazione. L'assessore Ciambetti ha commentato così l'esito dell'incontro odierno: «la decisione di oggi deriva dalla consapevolezza che i tempi che il governo ci ha dato per discutere di un tema delicato e complesso come quello della riorganizzazione del territorio sono troppo stretti». L'architettura istituzionale del Veneto per essere ripensata, secondo l'assessore, «ha bisogno di analisi e studi approfonditi che non si possono realizzare in poche settimane. Un territorio come quello veneto non può essere rivisto secondo parametri numeri, ma vanno considerate le istanze e le peculiarità dei territori a 360 gradi tenendo conto anche di fattori economici e demografici».
Nello specifico la proposta della Conferenza prevede il mantenimento come determinato dalla legge delle province di Verona e Vicenza e la Provincia di Venezia diviene città metropolitana. La Provincia di Belluno viene confermata in ragione della specificità riconosciuta dallo Statuto del Veneto; la Provincia di Treviso viene mantenuta in ragione della annessione del comune di Scorzè che permette il raggiungimento dei requisiti minimi previsti dalla legge; la Provincia di Rovigo viene fatta salva in ragione della peculiarità territoriale del polesine e in aderenza alle istanze provenienti dal territorio; la Provincia di Padova viene confermata per le caratteristiche peculiari della realtà territoriale.
La conferenza permanente della Regione e delle Autonomie locali ha, inoltre, recepito i passaggi di Scorzè dalla Provincia di Venezia a quella di Treviso, di San Pietro in Gù dalla Provincia di Padova a quella di Vicenza, di Vigonovo dalla Provincia di Venezia a quella di Padova. «Questi tre Comuni - spiega l'assessore regionale - hanno espresso in modo chiaro la volontà di cambiare circoscrizione provinciale con una delibera e la conferenza ha recepito questa istanza testimoniando ancora una volta l'attenzione e il dialogo costante con i territori nelle decisioni che riguardano l'assetto istituzionale». «Non siamo contrari alla riduzione della spesa - conclude Ciambetti - ma questa deve essere fatta tenendo conto dei parametri dell'efficienza e del risparmio non andando a colpire gli enti virtuosi come le province della nostra regione. La riorganizzazione del territorio deve essere realizzata secondo una visione federalista dello Stato coinvolgendo tutti i soggetti interessati e dando agli enti locali l'autonomia necessaria per decidere sull'architettura istituzionale del territorio». (Ansa)
non è un caso, la Regione è a guida leghista, la Lega, come il M5S, è una delle forze politiche che più si oppone a questo disegno, non per motivi ideali, ma per bieco calcolo politico. Sarà un caso, ma su questo tema i populisti si sono ritrovati tutti assieme. Un motivo in più per andere per vie diverse
RispondiEliminaLeggo però sul Gazzettino del 2 ottobre "I Comuni che hanno votato di non aderire alla città metropolitana di Venezia difficilmente potranno abbracciare Padova o
RispondiEliminaTreviso. L'iter per il passaggio è lungo e complesso e si deve concludere con l'approvazione di una legge costituzionale.
Quindi, doppio passaggio alla Camera e Senato a maggioranza assoluta, a testo invariato e a tre mesi di distanza. Una procedura che la dice lunga sulla possibilità di legiferare in questo senso in un Parlamento che nei prossimi mesi sarà
chiamato ad esprimersi a tappe forzate prima di essere sciolto". Quindi si dimenano inutilmente! Sarà vero?