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La torre piezometrica di Scaltenigo |
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Il Gazzettino, 7 gennaio 2013
Acqua, la
gestione è un colabrodo
Spariti
gli Aato il 31 dicembre, scoppiano le polemiche sui nuovi "Consigli di
bacino"
Gli effetti di una norma
della razionalizzazione della spesa voluta dall'ex ministro Calderoli
(disposizione quasi dimenticata) hanno provocato il 31 dicembre scorso la fine
delle Autorità d'ambito territoriali ottimali. Con una sigla quasi
impronunziabile
gli Aato - organi che dal
1994 si sono occupati di investimenti, organizzazione, programmazione e di
controllo del servizio idrico integrato - spariscono. In Veneto queste
strutture - che in pratica controllano il funzionamento sanitario, economico, e
burocratico dei rubinetti di ogni abitazione e i rapporti tra i gestori, il
sistema pubblico e i privati - diventeranno fra pochi mesi "Consigli di
bacino". E in Friuli Venezia Giulia, invece, verranno sostituite da
"Consulte d'ambito per il servizio idrico
integrato".
L'obbligatorio "cambio
di sistema" - fatto sotto le Feste, anche se alcune Regioni sono ancora
indadempienti - è passato quasi in silenzio ma le polemiche sono durissime:
«Sono stati adottati modelli diversi a seconda delle Regioni, e i cambi non
vengono fatti con la stessa
efficacia, anche se le modifiche apportano chiarezza nel rapporto tra gestori
degli acquedotti e gli Aato», commenta Adolfo Spaziani, direttore generale di
Federutility (federazione che associa i gestori dell'acqua, dell'energia e del
gas).
Più duro è Antonio Rusconi,
docente di Assetto idrogeologico allo Iuav di Venezia, già segretario di
un'autorità di Bacino nel Nordest e direttore del Servizio idrografico
nazionale: «Quando parliamo di risorse idriche dobbiamo metterci in testa che
ci
sono degli interventi che
possono essere affrontati solo da organismi sovraregionali. Non si può
pretendere di governare l'acqua per "parrocchiette" come si vede ora.
Prendiamo, per esempio, il Bacchiglione, che esondò a Vicenza nel 2010: un
terzo del suo bacino si
trova in Trentino Alto Adige. Non si possono affrontare le problematiche
relative al rischio di nuove esondazioni prescindendo da quel territorio. La
gente del Polesine beve acqua da pozzi alimentati da Adige e Po: uno dei problemi
principali è la salinizzazione e richiede interventi strutturali, possibili
solo se concordati con Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna; meglio se con il
coinvolgimento del governo». Un caos insomma il nuovo piano della gestione
delle acque nei territori del Nordest. La riorganizzazione, infatti, è stata
assegnata alle Regioni, che hanno optato per formule diverse, ma tutte accusate
di essere troppo campanilistiche. Nella sostanza il quadro è dominato dalla
trasformazione degli "Aato" in organi che abbracciano aree simili ai
territori delle province, oppure in un ente che ricade all'interno di una
struttura regionale.
La questione dell'acqua,
sostiene Rusconi, va invece affrontata in un'ottica globale: «Va considerata
non solo quella che beviamo a casa - il cosiddetto uso civile, che è solo una
parte del problema - ma anche gli usi agricoli e quelli industriali.
Occorre capire se nel
nostro Paese c'è sufficiente acqua per tutti questi usi, capire qual è la
qualità di quest'acqua, sapere cosa fare quando con le piogge eccezionali
diventa troppa». Ma così non ci si è ancora adeguati alla direttiva europea. E
nel
frattempo l'Europa ne ha
emanata una "nuova" sui provvedimenti da adottare contro le
alluvioni, la 2007/60, che ha scadenza il 2015. Così ci troviamo ancora più
spiazzati». Se - come chiarisce l'ultimo decreto sullo Sviluppo - il compito
principale delle Aato è fare gli investimenti e controllare che questi vengano
effettuati Spaziani sottolinea la necessità di maggiori risorse: «Al settore
idrico nazionale, per recuperare i ritardi, serve una prima fase di avvio con
almeno 5 miliardi all'anno, per scendere a 2,5 quando si giunge a regime». Ma
questi soldi non ci sono.
Marco
Gasparin