martedì 8 gennaio 2013

Novità per la gestione dell'acqua

La torre piezometrica di Scaltenigo



Il Gazzettino, 7 gennaio 2013

Acqua, la gestione è un colabrodo

Spariti gli Aato il 31 dicembre, scoppiano le polemiche sui nuovi "Consigli di bacino"

Gli effetti di una norma della razionalizzazione della spesa voluta dall'ex ministro Calderoli (disposizione quasi dimenticata) hanno provocato il 31 dicembre scorso la fine delle Autorità d'ambito territoriali ottimali. Con una sigla quasi impronunziabile
gli Aato - organi che dal 1994 si sono occupati di investimenti, organizzazione, programmazione e di controllo del servizio idrico integrato - spariscono. In Veneto queste strutture - che in pratica controllano il funzionamento sanitario, economico, e burocratico dei rubinetti di ogni abitazione e i rapporti tra i gestori, il sistema pubblico e i privati - diventeranno fra pochi mesi "Consigli di bacino". E in Friuli Venezia Giulia, invece, verranno sostituite da "Consulte d'ambito per il servizio idrico
integrato".
L'obbligatorio "cambio di sistema" - fatto sotto le Feste, anche se alcune Regioni sono ancora indadempienti - è passato quasi in silenzio ma le polemiche sono durissime: «Sono stati adottati modelli diversi a seconda delle Regioni, e i cambi non
vengono fatti con la stessa efficacia, anche se le modifiche apportano chiarezza nel rapporto tra gestori degli acquedotti e gli Aato», commenta Adolfo Spaziani, direttore generale di Federutility (federazione che associa i gestori dell'acqua, dell'energia e del gas).
Più duro è Antonio Rusconi, docente di Assetto idrogeologico allo Iuav di Venezia, già segretario di un'autorità di Bacino nel Nordest e direttore del Servizio idrografico nazionale: «Quando parliamo di risorse idriche dobbiamo metterci in testa che ci
sono degli interventi che possono essere affrontati solo da organismi sovraregionali. Non si può pretendere di governare l'acqua per "parrocchiette" come si vede ora. Prendiamo, per esempio, il Bacchiglione, che esondò a Vicenza nel 2010: un
terzo del suo bacino si trova in Trentino Alto Adige. Non si possono affrontare le problematiche relative al rischio di nuove esondazioni prescindendo da quel territorio. La gente del Polesine beve acqua da pozzi alimentati da Adige e Po: uno dei problemi principali è la salinizzazione e richiede interventi strutturali, possibili solo se concordati con Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna; meglio se con il coinvolgimento del governo». Un caos insomma il nuovo piano della gestione delle acque nei territori del Nordest. La riorganizzazione, infatti, è stata assegnata alle Regioni, che hanno optato per formule diverse, ma tutte accusate di essere troppo campanilistiche. Nella sostanza il quadro è dominato dalla trasformazione degli "Aato" in organi che abbracciano aree simili ai territori delle province, oppure in un ente che ricade all'interno di una struttura regionale.
La questione dell'acqua, sostiene Rusconi, va invece affrontata in un'ottica globale: «Va considerata non solo quella che beviamo a casa - il cosiddetto uso civile, che è solo una parte del problema - ma anche gli usi agricoli e quelli industriali.
Occorre capire se nel nostro Paese c'è sufficiente acqua per tutti questi usi, capire qual è la qualità di quest'acqua, sapere cosa fare quando con le piogge eccezionali diventa troppa». Ma così non ci si è ancora adeguati alla direttiva europea. E nel
frattempo l'Europa ne ha emanata una "nuova" sui provvedimenti da adottare contro le alluvioni, la 2007/60, che ha scadenza il 2015. Così ci troviamo ancora più spiazzati». Se - come chiarisce l'ultimo decreto sullo Sviluppo - il compito principale delle Aato è fare gli investimenti e controllare che questi vengano effettuati Spaziani sottolinea la necessità di maggiori risorse: «Al settore idrico nazionale, per recuperare i ritardi, serve una prima fase di avvio con almeno 5 miliardi all'anno, per scendere a 2,5 quando si giunge a regime». Ma questi soldi non ci sono.

Marco Gasparin

Nessun commento:

Posta un commento